Lirico Sperimentale, successo travolgente del "Giovanni Sebastiano" | Tra Cerutti Gino e Gino Negri - Tuttoggi.info

Lirico Sperimentale, successo travolgente del “Giovanni Sebastiano” | Tra Cerutti Gino e Gino Negri

Carlo Vantaggioli

Lirico Sperimentale, successo travolgente del “Giovanni Sebastiano” | Tra Cerutti Gino e Gino Negri

Sab, 07/08/2021 - 13:42

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Ancora una volta lo Sperimentale mette alla prova i suoi cantanti oltre la tecnica del bel canto. Meravigliosa operina, di gran gusto e grandi significati

Sarà stato per la similitudine con il nome di battesimo o forse perchè alla fine dei conti il contesto sociale, musicale e storico è pressochè lo stesso, ma da alcuni giorni, prima di godere con grande soddisfazione della prima del Giovanni Sebastiano di Gino Negri, per la 75^Stagione del Teatro Lirico Sperimentale, ci frullava in testa la famosa Ballata del Cerutti Gino di Giorgio Gaber.

Di fatto quello che emerge prepotente dalla messa in scena spoletina è un mondo culturale e artistico legato non solo alla ricerca e alla sperimentazione musicale ma anche a quella affascinante della voce come strumento di trasformazione sonora, nel contesto milanese degli anni’50-’60-’70.

Sono gli anni in cui nasce lo Studio di fonologia musicale Rai di Milano che è stato un laboratorio di sperimentazione elettronica, fondato nel 1955 a Milano da Luciano Berio e Bruno Maderna. In questa sorta di centrale nucleare del suono passeranno personaggi non ancora famosi come John Cage (prima di partecipare ad una celebre edizione di Lascia o Raddoppia dove davanti ad uno esterrefatto Mike Buongiorno suonò una vasca da bagno e diversi altri oggetti-1958).

Niente di meglio, dunque, per una istituzione come quella del Teatro Lirico, che già nel nome si intitola alla natura di Sperimentale, ma da decenni sforna voci di altissima qualità per il bel canto.

La cosa ancor più straordinaria è che da qualche anno a questa parte la programmazione del Lirico crea anche le condizioni per l’esercizio vocale dei giovani cantanti anche al di fuori dai canoni del melodramma, spingendo l’acceleratore verso prove vocali e attoriali che danno vita a magnifiche prestazioni per i validi vincitori del Concorso Comunità Europea. Un vanto per la comunità spoletina che dimentica molto spesso le sue ricchezze diffuse.

Perchè il Giovanni Sebastiano

Il Giovanni Sebastiano di Gino Negri è una miniera inesauribile di rimandi storici musicali vocali condensati in poche decine di minuti. La brevità della rappresentazione aveva bisogno di una mano ferma e solida per costruire una messa in scena di grande impatto.

E il Lirico Sperimentale, da anni, ha la fortuna di avere l’amicizia, l’esperienza e la sapienza generosa di Giorgio Bongiovanni, che tanto per rimanere nel tema fonda la sua esperienza teatrale nel Piccolo di Milano con Giorgio Strehler e il celebre Arlecchino servitore di due padroni.

Un brodo culturale che insaporisce ogni cosa e rende il Giovanni Sebastiano talmente gradevole da desiderarne un “secondo piatto”.

Ma va anche detto che da quest’anno il Lirico può vantare la operosa e promettente collaborazione di Enrico Girardi, fresco condirettore artistico del Lirico con il M° Zurletti, nonché accademico e critico musicale per il Corriere della Sera.

E’ anche merito del Prof. Girardi se il repertorio di questa Stagione sarà di grande interesse per novità e sperimentazione.

Gino Negri in Umbria e a Spoleto

E pensare che Gino Negri non era nuovo all’Umbria, per aver partecipato ad una edizione della Sagra Musicale Umbra di molti anni fa a Perugia, con il suo Stabat Comunque che molti critici osannarono e che lo stesso Negri definì invece in una intervista divertentissima, alla Cerutti Gino detto Drago, “una vaccata”!!

Magnifica l’idea dunque di allestire lo spettacolo spoletino con un Prologo in cui il beneamato Giorgio Buongiovanni da competente chaperon introduce personalmente il pubblico del Caio Melisso, con filmati e testi originali, tra gli annì della ricerca etnografica musicale in quel di Milano con Milva e il lavoro su Brecht o Ornella Vanoni, con le canzoni della Mala e il mondo frizzantino della pubblicità, di cui Gino Negri è stato autore prolifico. Manca solo Enzo Jannacci con la Banda dell’Ortica e il quadro è completo.

Musicalmente il Giovanni Sebastiano è un esempio decisamente affascinante di utilizzo della contaminazione sonora, della dissonanza, del contrappunto e molto altro ancora. Straordinario e al contempo godibilissimo il momento in cui l’unico vero cantante pazzo della storia, inizia a ripetere ossessivamente il suo nome Giancarlo che diventa non più canto ma strumento percussivo vero e proprio.

Ed è straordinario in tutto questo anche l’uso della parola, nel libretto, che in maniera interessante utilizza onomatopee e contrasti vocali tra testo e musica non cedendo il passo alla melodia e alla facilità della rima, educando il popolo alla difficoltà del “logorio della vita moderna“, proprio come la pubblicità del Cynar. Tanto per rimanere in tema con gli anni ’60.

Sinossi

Siamo negli anni ’60 in una grande città metropolitana. Caterina, moglie di Giovanni Sebastiano, è al telefono con il Professore: suo marito è impazzito e si crede Johann Sebastian Bach. Comunica cantando e accompagnandosi con uno strano strumento di sua costruzione, capace di riprodurre i suoni di una intera orchestra. Il Professore (di fatto uno psichiatra) si presenta a casa di Giovanni Sebastiano in compagnia di due infermieri fingendosi Antonio Vivaldi per potersi relazionare con il paziente. Con questo stratagemma riesce a convincerlo a uscire di casa e a portarlo in manicomio dove tenta vari approcci per farlo rinsavire. Prima lo espone a una terapi d’urto facendogli ascoltare un complesso di musica rock-metal, purtroppo senza risultato. Poi lo fa incontrare con due allievi che però altro non sono che due pazienti del manicomio: il mezzosoprano ricoverato al neurodeliri e Giancarlo, un matto che ripete ossessivamente il suo nome.

Messo di fronte alla realtà, Giovanni Sebastiano non può che realizzare dove si trova e , rinsavito, muore per il trauma.

Non tragga in inganno il finale amaro, che nella logica di Gino Negri non è altro che la degna conclusione di una “sconclusione” totale. Tra Cerutti Gino e Gino Negri, appunto. Fantastico il finale, con una tessitura musicale quasi mozartiana e una messa in scena vaporosa (anche troppo) che fa pensare alla discesa agli inferi di Don Giovanni.

Il Cast

Il cast del Giovanni Sebastiano ha mostrato la consueta solidità vocale che fa capire anche l’eccellente lavoro di preparazione al debutto di questi giovanissimi artisti. Bravi tutti dunque: il soprano Sara Cortolezziscantante Prologo, il baritono Alberto Petricca-Giovanni Sebastiano, l’attrice Biancamaria D’Amato-Caterina, sua moglie, il basso Giacomo Pieracci- Il professore, il soprano Elena Finelli- L’infermiera, il tenore Oronzo D’Urso-L’infermiere, il mezzosoprano Dyana Bovolo-Il Mezzosoprano e il tenore Federico Vita-Giancarlo.

Rodati e consonanti anche tutti gli altri artefici del Giovanni Sebastiano: La direzione musicale e l’esecuzione al pianoforte del Maestro Lorenzo Masoni, naturalmente la regia di Giorgio Bongiovanni, assistito da Biancamaria D’Amato, l’allestimento scenico, ingegnoso come sempre, di Andrea Stanisci con costumi di Clelia De Angelis e luci di Eva Bruno. Consulenza musicale: Marco Mojana. Maestri collaboratori: Mariachiara Grilli, Mauro Presazzi e Luca Spinosa.

Una macchina efficiente che rende merito alla gloriosa Istituzione lirica spoletina che festeggia il 75° anno di attività in splendida forma, e in perfetta sicurezza.

Applausi a non finire e doppia replica questa sera, alle 18 e alle 20,30 al Teatro Caio Melisso.

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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)

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